Portovenere…. la Madonna Bianca

La foto di oggi ricorda la festa della Madonna Bianca a Portovenere il 17 agosto il borgo si illumina di lumini accessi

Dati di scatto Fuji xe2 con 18 mm f 2.0 tempo 30 sec

Vi allega la storia di questo miracolo tratta dal Web:

madonna-bianca

Il santuario della Madonna Bianca, già chiesa parrocchiale di San Lorenzo, è un edificio religioso sito tra via della Chiesa e piazza San Lorenzo a Porto Venere, nel golfo dei Poeti in provincia della Spezia. Situato in posizione dominante il centro storico e vicino al castello Doria, il santuario è sede della parrocchia dei Santi Pietro e Lorenzo della diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato.

La Madonna Bianca, festeggiata solennemente il 17 agosto, è patrona della comunità di Porto Venere

L’interno della chiesa

Secondo le fonti storiche l’originaria chiesa fu eretta a partire dal 1098 per opera dei genovesi, seguendo lo stile romanico, in un luogo dove in antichità sorgeva probabilmente un tempio dedicato a Giove; l’edificio verrà consacrato nel 1130 da papa Innocenzo II[1]. Alla fine del XIV secolo erediterà il titolo parrocchiale dalla chiesa di San Pietro[1].

Nel 1340 vi si sviluppò un incendio che danneggiò la struttura, mentre nel 1494 venne parzialmente distrutta dall’incursione degli aragonesi. Per tali motivi la chiesa fu sottoposta a continui restauri in un periodo che va dal 1494 al 1582.

Questi interventi di restauro consistettero nella sostituzione delle colonne in marmo portoro con colonne in marmo bianco, nella demolizione della torre nolare del presbiterio e relativa sostituzione con cupola ottagonale, ricostruzione del campanile a fianco dell’abside e sostituzione di quest’ultimo con un coro quadrato allungato.

La Madonna Bianca

Il culto religioso verso la Madonna Bianca è legato ad un evento miracoloso, così come racconta la leggenda popolare, verificatosi nel 1399 durante l’occupazione francese nel borgo marinaro portovenerese invaso dalla peste. La tradizione afferma che un certo Lucciardo, un paesano, invocò davanti ad un’immagine raffigurante la Vergine Maria la liberazione di tale malattia e, improvvisamente, i colori del quadro s’illuminarono splendendo. Vedendo nello strano fenomeno un probabile evento miracoloso, legato alla sparizione della pestilenza attribuita alla Madonna, il dipinto fu trasportato nella vicina chiesa di San Lorenzo dando inizio alla devozione dei fedeli verso l’immagine e verso la Madonna Bianca, intitolazione derivante dal chiarore della pelle raffigurato nel dipinto, patrona della comunità.

Annualmente in occasione della festa patronale di Porto Venere, celebrata il 17 agosto e dedicata alla Madonna Bianca, per le vie del borgo si svolge alla sera una fiaccolata processionale.

La Farinata “Piccole e Grandi storie di Liguria”

La fotografia di oggi fa parte di una mostra in occasione dei 40 anni della scopeta della necropoli antico ligure di Caffaggio nel Comune di Ameglia – La Spezia.

Il tema della mostra è “Piccolo e Grandi storie di Liguria”

La mia piccola storia della Liguria è il racconto di come si crea la Farinata

Vi allego tratto da wikipedia la sua storia:

Ringrazio la Pizzeria Bugliani di sarzana per la pazienza e avermi fatto fare questi scatti

Dati di scatto Fujifilm xt10 con obiettivo 14 mm farinata-mod-web

La farinata di ceci, conosciuta anche come fainè, fainà o cecìna, è una torta salata molto bassa, preparata con farina di ceci, acqua, sale e olio extravergine di oliva.

Si tratta di un piatto italiano tipico della Liguria, regione in cui assume il nome di fainâ. È tuttavia conosciuta anche a Pisa con l’appellativo di cecìna, a Livorno come torta di ceci o, più semplicemente, torta, a Nizza, in Francia, come socca, nel Basso Piemonte, in particolare nella provincia di Alessandria, spesso è chiamata belécauda. Viene preparata anche in Sardegna, soprattutto a Sassari, dove il suo nome è fainè (spesso, cotta con altri ingredienti come cipolle, acciughe, salsiccia ed infine spolverata con del pepe nero; da qui si è diffusa in parte della Sardegna settentrionale, specialmente ad Alghero e Porto Torres) e a Buenos Aires in Argentina, dove è conosciuta come fainá.

Si cuoce in forno a legna, in teglia, e assume con la cottura un vivace colore dorato. Alcune aziende alimentari ne propongono una versione confezionata precotta, pronta da scaldare, venduta nella grossa distribuzione.

Storia

Ha radici assai antiche: diverse ricette latine e greche riportano sformati di purea di legumi, cotti in forno.

Una leggenda racconta che sia nata per caso nel 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia della Meloria. Le galee genovesi, cariche di vogatori prigionieri, si trovarono coinvolte in una tempesta. Nel trambusto alcuni barilotti d’olio e dei sacchi di ceci si rovesciarono, inzuppandosi di acqua salata.[1]

Poiché le provviste erano quelle che erano e non c’era molto da scegliere, si recuperò il possibile e ai marinai vennero date scodelle di una purea informe di ceci e olio. Alcuni marinai rifiutarono la poltiglia lasciandola al sole, che asciugò il composto in una specie di frittella. Il giorno dopo, spinti dai morsi della fame, i marinai mangiarono il preparato scoprendone la prelibatezza. Rientrati a terra i genovesi pensarono di migliorare la scoperta improvvisata, cuocendo la purea in forno. Il risultato piacque e, per scherno agli sconfitti, venne chiamato “l’oro di Pisa”.[1]

Preparazione

Secondo una delle molte ricette più diffuse: stemperare una parte di farina di ceci con da 3 a 4 parti d’acqua in una terrina, aggiungere il sale e mescolare energicamente per sciogliere i grumi di farina (eventualmente schiacciandoli contro la parete della terrina con il cucchiaio). Lasciare riposare la miscela per alcune ore (da due a 10 ore e anche più) mescolando di tanto in tanto per evitare la decantazione della farina e sciogliendo sempre i grumi residui.

Ungere una teglia in rame stagnato con un velo d’olio d’oliva (una parte di olio per 5-10 parti di ceci) porla in forno per alcuni minuti (questo accorgimento serve a facilitare il successivo distacco) quindi tirarla fuori dal forno e versarvi la miscela partendo dal centro della teglia (lo spessore deve essere di almeno 5 mm ma inferiore a 1 cm). “Spezzare” l’olio con un cucchiaio di legno dai bordi verso il centro della teglia (fino a fare affiorare macchie di olio sparse sulla superficie) e infornare nel forno a legna già ben caldo. Nella primissima fase della cottura è importante girare la teglia in modo da mantenere uniforme lo spessore (essendo molto difficile che il forno sia completamente in piano questo evita di avere parti più spesse e poco cotte e parti troppo sottili e bruciate).

È possibile arricchire la ricetta cospargendo la farinata prima di infornare con rosmarino, cipolla, carciofi o cipollotti oppure a metà cottura con stracchino, gorgonzola, salsiccia o bianchetti, tipico pescato della costa ligure.

Preparazione classica

Far stemperare la farina di ceci con l’acqua ed un pizzico di sale in una ciotola. Lasciare riposare un’ora, con un cucchiaio togliere la schiuma che si è formata in superficie e versare l’amalgama ottenuta in una teglia bassa in rame stagnato che in Liguria prende il nome di “testo” con un diametro da 32 cm, casalingo, ad oltre 1 metro, dal negoziante; in precedenza unta abbondantemente con dell’olio d’oliva extra-vergine. Girare il tutto in modo che l’olio venga in superficie ed infornare a 250° per 20 minuti.

Quiete

Le tre foto di oggi sono dettagli di piccole barche ormeggiate lungo il fiume Magra, usate dai pescatori per andare in mezzo al fiume, non so bene che tipo di pesca pratichino con queste piccole barche ma ricordo di aver visto alla foce del fiume la pratica della pesca con il rezzaglio, una rete che viene lanciata e prima di toccare l’acqua prende una forma circolare, un antico sitema di pesca.

Ma torniamo alla fotografia, sin da quando ho iniziato a fotografare mi è sempre stato detto che in fotografia si sottrae, non si aggiunge perchè il soggetto dell immagine deve essere chiaro e ben distinguibile, adesso anche io ai corsi che tengo di fotografia lo dico sempre perche nel corso degli anni leggendo, andando a vedere mostre e studiando le foto dei grandi autori ho davvero capito che per fare una buona fotografia gli elementi al suo interno devono essere pochi e il soggetto ben distinguibile dal resto.

La calma in inglese si usa il vocabolo stillness per raccontare la quiete. Le foto di queste barche nel mio intento vogliono infondere quel senso di tranquillità che ci puo dare lo scorrere dell acqua calma e lenta e le barche che si fanno cullare da questo movimento.

Questo genere di fotografia è sempre una scoperta per me a volte esco di casa per fare tutt’ altro e poi mi ritrovo a fotografare la calma, forse per un mio bisogno interiore o forse non so neanche io perchè…….

 

Luce

In fotografia la luce è l’elemento principale, quello che puo far diventare una banale fotografia in una bella fotografia. sta al fotografo saperla leggere e interpretare.

La macchina fotografica mostra non dimostra quello che vuole il fotografo, conoscere la luce è la cosa più difficile e lunga da imparare o forse non la si impara mai perche ogni volta che mettiamo l’occhio nel mirino la scena che vediamo è sempre diversa, una piccola porzione del vero da fermare in quel preciso istante.

La tecnologia ci aiuta con le fotocamere digitali ma al fotografo spetta sempre il momento piu importante quello dello scatto, in quel attimo tutto deve essere controllato e perfetto altrimenti tutto diventa banale.

Ci sono alcuni concetti base sulla luce che bisogna conoscere per poterli avere come amici

LA QUALITA’ DELLA LUCE

La prima cosa che bisogna fare quanto siamo nel luogo che dobbiamo  fotografare, è quella di valutare l’intensità della luce.

L’intensità di luce può essere anche individuata come quantità, alla fine si tratta solo di capire quanto è presente.

Lascia da parte la fotocamera per un attimo ed immagina come reagiscono i tuoi occhi ai cambi di luminosità:

  • se passi da una stanza chiara ad una scura per un po’ non vedrai nulla. In questo caso ti trovi in una situazione di “sottoesposizione”.
  • se passi da una stanza scura ad una chiara per un po’ sarai abbagliato. Fino a quando gli occhi non si abituano ti trovi in una situazione di “sovraesposizione”.

Con la fotocamera dovrai comportarti allo stesso modo: se la scena presenta una quantità enorme di luce dovrai impostare una combinazione di ISO – TEMPO  e DIAFRAMMA adeguato.

Se scatti in Priorità Diaframma;  devi stare attento a non usare un diaframma eccessivamente aperto che metterebbe in difficoltà la fotocamera che magari non è in grado di usare un tempo di scatto sufficientemente veloce.

Lo stesso principio vale per la situazione opposta: con una quantità di luce scarsa. Dovrai star attento alle regolazioni più idonee, ma col vantaggio di poter eventualmente aumentare la sensibilità ISO in modo da rendere la fotocamera più sensibile alla luce.

LA TEMPERATURA DELLA LUCE

la luce non ha sempre lo stesso colore e l’esempio più forte è il colore rosso fuoco che prende durante i tramonti estivi o al sorgere del sole. In realtà però la luce varia continuamente durante il giorno con le varianti date dalla presenza di cielo nuvoloso, nebbia o altre condizioni atmosferiche particolari.

La temperatura (o colore) della luce ha un impatto profondo sulla fotografia digitale, per questo motivo dovrai ricordarti di regolare nel modo appropriato il bilanciamento del bianco sulla tua fotocamera.

Con lo stesso strumento di regolazione bilanciamento del bianco puoi anche intervenire per modificare l’aspetto visivo dell’immagine che stai fotografando: se per esempio durante una scena illuminata dal sole imposti come bilanciamento del bianco il parametro ombra oppure nuvoloso, la tua immagine prenderà subito una colorazione e dominante calda.

LA DIREZIONE DELLA LUCE

Un altro elemento che devi considerare, è la direzione della luce, ovvero da che angolazione illumina la scena.

Anche in questo caso prendo come spunto il sole e come si comporta durante il giorno: a mezzogiorno di una bella estate illumina dall’alto verso il basso, creando delle ombre che sono quasi perpendicolari agli oggetti, mentre al tramonto le ombre sono molto più diagonali e lunghe in quanto il sole illumina la scena da un’angolo più basso, a ridosso dell’orizzonte.

Se ti piace fotografare ambienti naturali, sfruttando la luce del sole, sei costretto ad attendere la natura ed il suo corso per trovare la situazione migliore per fotografare ad esempio un paesaggio.

Vi allego un mio scatto dove la luce fa la fotografia

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Le Canzoni da Marciapiede…..

Le foto che pubblico oggi sono state fatte in un luogo abbandonato sulla collina di Rapallo dentro a due vagoni tram che una volta facevano parte di un ristorante questo luogo si chiamava “Il capolinea”, Quale posto migliore per fotografare al suo interno il duo musicale Le Canzoni Da Marciapiede…..vi allego di seguito una breve descrtizione del luogo recuperata dal web.

e la Biografia di Le Canzoni Da Marciapiede: http://lecanzonidamarciapiede.it/

http://www.corfole.it/lettura_notizie.php?page=1&id=5495&tb=news_giornale&t=Cosa+ci+fanno+due+tram+di+Milano+sulle+alture+di+Rapallo%3F+Storia+de+%26quot%3BIl+Capolinea%26quot%3B%2C+locale+della+movida+anni+%2790

IL CAPOLINEA

Questo mese il nostro Memorial Ghilarducci ci porta negli anni Novanta, alla scoperta di uno dei locali più incredibili che il levante abbia mai ospitato. Che cosa aveva di così particolare ce lo racconta Patrizia Vian, che insieme al marito Joseph Bonfanti gestirono dal 1990 al Dicembre 1996 “Il Capolinea”, un ristorante che dava molto spazio alla musica di nicchia di quel tempo: “L’idea nacque osservando i bistrot di Parigi, dove la musica faceva da connubio al cibo e si realizzò quando trovammo questo posto, sperduto nel bosco sopra a Rapallo, che incredibilmente ospitava due vagoni delle linee 111 e 112 del tram di Milano e un autobus Fiat 411. Erano stati appoggiati direttamente sulle rotaie, molto probabilmente per aggirare la legge che vietava di costruire in quella zona. Fu amore a prima vista e decidemmo di iniziare lì la nostra attività. La sera servivamo la cena e poi tutti aspettavano il momento della musica, il motivo per cui diventammo un riferimento a livello nazionale. Avevamo posizionato la cucina dentro l’autobus e i servizi igienici erano delle semplici botti di legno. Insomma un locale decisamente fuori dagli schemi. Per un po’ di tempo ci divertimmo a mettere in giro alcune leggende sui tram, come quella che fossero arrivati direttamente in elicottero da Milano. In realtà furono trasportati con dei camion e tutto il traffico di Rapallo fu bloccato per poterli portare fin lassù”.

Le cassettine, i demo e Julian Lennon
In quegli anni Michele Breda si occupava di selezionare le band che si esibivano al Capolinea, “un vero e proprio lavoro perchè ci arrivavano cassettine e demo da tutta Italia. Abbiamo ospitato gruppi da tutto lo stivale, ma sicuramente la più grande soddisfazione fu quella di vedere Julian Lennon (figlio di Jhon) godersi tranquillamente uno dei nostri concerti. Eravamo diventati internazionali”.

I mugugni, le regole e la chiusura
“Per gli abitanti il traffico era diventato fastidioso e si iniziò così una campagna denigratoria nei nostri confronti. Avevamo controlli tutte le sere, ma senza conseguenze di nessun tipo. Un sabato sera del dicembre 1996, mentre stavamo servendo la cena si presentarono i Carabinieri e ci ritirano la licenza lì, su due piedi. Il motivo era che il pavimento non era conforme alla normativa e per questo il Capolinea chiuse i battenti per sempre”.

I vagoni, il bus, le botti e tutto “Il Capolinea” sono ancora lì e ancora riecheggia l’anima rock, blues e metal che in quegli anni animò le serate di molti ragazzi dell’epoca. Un fascino senza tempo, una storia così incredibile da sembrare impossibile.

LE CANZONI DA MARCIAPIEDE

“Le Canzoni da Marciapiede” sono un duo di teatro-canzone formato dalla cantante Valentina Pira e dal pianista Andrea Belmonte.

Ispirati tanto alla canzone d’autore quanto alla musica francese e tedesca anni ’20/’50, sono interpreti di un linguaggio espressivo che, per quanto principalmente musicale, porta con sè la forza comunicativa e scenica tipica del teatro.

In Teatro, nei live club e nei principali festival d’Arte di strada italiani, portano in scena spettacoli dall’estetica retrò nei quali uniscono alle canzoni originali omaggi a Piaf, Dietrich, Brecht, ma anche alla canzone da rivista italiana di Milly Mignone e a Natalino Otto.

Hanno pubblicato due dischi: “Al pranzo di nozze”, uscito nel dicembre 2011 e “Un Circo Di Paese” uscito nel maggio 2015, vincitore del premio “Giovanna Daffini”e candidato alla targa Tenco con il brano “Nove metri”.

Nel 2015 Enrico De Angelis, direttore artistico del “Club Tenco” dedica a “Le Canzoni da Marciapiede” due pagine del volume “Genova e la canzone d’autore”.

Da luglio 2011, sono accompagnati in alcuni spettacoli dalla piccola Alice.

Le Fotografie

Per me é stato un piacere fare questo set fotografico alle ultime luci del giorno un ringraziamento particolare  a Anna che mi ha aiutato nel set e che ha fatto alcune foto straordinarie che sono qui pubblicate

 

 

Mostra Fotografica Light Now….

Questa mia mostra fotografica racconta elementi cittadini illuminati solo dalle luci artificiali. Perchè la scelta di questi soggetti, perchè sono soggetti che durante il giorno vediamo come cose banali di tutti i giorni, ma la notte quando il cielo diventa nero e si illumina tutto con lelocandina-20x30 luci artificiali questi soggetti iniziano a vivere e diventano i protagonisti della notte…………

Street Photography a Londra

La Street Photography è il genere che mi affasciana di più, vedo al suo interno la vita delle persone nel loro ambiente quotidiano. La vita che ci scorre addosso e che noi la trasformiamo in gesti e parole. Ecco proprio le parole che in fotografia non si possono sentire nella street diventano gesti che ci raccontano del nostro soggetto.

Aggirarsi in strada con la macchina fotografica e cercare di mimetizzarsi con il resto della scena ha un fascino che sa di altri tempi, nell’ era degli smartphone dei droni, fotografare con una macchina fotografica la verità urbana delle persone è qualcosa di unico.

Le foto che pubblico sono state fatte a Londra, la scelta del bianco e nero deriva da una mia precisa decisione mentale per far si che l’osservatore si concentri sull’ immagine senza la distrazione dei colori.

Le fotografie “lente…….”

La mia fotografia “lenta”, parte da lontano dalla mia prima macchina fotografica una Cosina 35mm a telemetro, che mi ha accompagnato per anni con i suoi rullini, poi abbandonata in un cassetto, un giorno dopo una lezione di un amico che io chiamo amichevolmente “Maestro” Claudio Ferri ho scoperto la fotografia stenopeica. La Cosina è tornata a fotografare con me, le ho spaccatto l’obiettivo e l’ho sostituito con un foglio di Carta di Spagna con un piccolissimo foro, in pratica un obiettivo fatto di aria……… ecco perchè lenta perchè per impressionare la pellicola la luce che deve passare da quel forellino impiega non frazioni di secondo ma secondi a volte anche minuti, ricreando il fascino dello sviluppo e dell’ attesa del risultato.

La fotografia stenopeica è un mondo da scoprire  un modo lento,di vivere una fotografia dove tutto è approsimativo, perchè

il foro è più o meno preciso e anche più o meno grande, il tempo di scatto è più o meno quello, la pellicola è più o meno vecchia.In tutti questi più o meno il risultato fotografrafico è più che affascinante.

Con la stenopeica ho fotografato di tutto dai manicomi alle alluvioni…………. ve ne faccio vedere alcune……

Io

Mi presento,  prima di iniziare a condividere le mie immagini e i miei pensieri.

Sono un fotografo professionista mi chiamo Matteo e in questo momento ho 41 anni,  da poco  ho aperto il mio studio fotografico che  si trova a Sarzana, in provincia di La Spezia, piu precisamente in Via Fiasella 55.

Il mio studio fotografico è la realizzazione concreta della mia passione, la fotografia, che vivo come insegnamento  quotidiano di un modo di vivere, come diceva un grande della fotografia e come ho scritto nella frase iniziale di questo blog “la fotografia è come una barzelletta, se bisogna spiegarla vuol dire che è venuta male” quindi cerchiamo  di essere felici quando fotografiamo e mettiamoci quel pizzico del nostro essere.

La fotografia è un linguaggio universale e come tale deve essere comprensibile a tutti, la fotografia dentro di noi suscita sentimenti, emozioni , gioia, paura, e tutto quello che pervade la nostra vita.

Come dico sempre ai corsi di fotografia che faccio ai bambini, il vero ricordo che tutti noi abbiamo in casa è una fotografia, si una fotografia di un attimo, un solo attimo che dentro di noi evoca gli stessi pensieri e le stesse sensazioni di quel attimo.

io

Questo sono io ringrazio per la foto l ‘amico Paolo Troilo

Perché un blog di fotografia……

……..per condividere un diario visuale fatto di immagini pensieri e parole non solo mie, per la ricerca e la condivisione di autori famosi che hanno lasciato il segno nella storia della fotografia, per trovare uno stimolo quotidiano alla crescita fotografica, spero che mi seguiate in questa avventura ……..